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Trent’anni, la follia che toglie il fiato tra il buio della disperazione e lo stupore nello scoprire il mondo. Sì perché ieri 13 settembre (ma anche oggi) sono state due trentenni le protagoniste dei giornali e dei siti web: da una parte lei, Oriana Fallaci, tornata ad appassionare i suoi lettori con una lettera inedita pubblicata dal Corriere della Sera risalente al 1968, e dall’altra invece la triste e sconvolgente notizia della morte di Tiziana Cantone, la 31enne devastata dalla tragedia consumata prima sui social network, rea semplicemente di una comune leggerezza che l’ha portata all’estremo gesto di togliersi la vita.
Due donne, due 30enni, due mondi in subbuglio, scosse dalla vita, dal suo essere così vorace, piena di emozioni; da una parte tanto bella da lasciare senza fiato, da stordirci con le sue sensazioni, con le sue meraviglie, e dall’altra invece cruda, buia, un buco nero in cui sembra impossibile risollevarsi, cancellare tutto e tornare indietro.
Tiziana Cantone non ce la faceva più a sopportare quegli insulti, quelle dita puntate, quelle voci prima di paese e poi sempre più estese fino a perderne i confini nella diabolica rete dei social network. Se ne è andata con un nodo attorno al collo, il foulard stretto e un unico pensiero, quello di farla finita, di trovare forse una pace che la vita qui non le avrebbe forse più dato. Vittima di una leggerezza, di un qualcosa che migliaia e migliaia di giovani come lei hanno fatto e fanno ogni giorno, perché a vent’anni e anche prima non si pensa alle conseguenze delle nostre azioni, si pensa solo a vivere a 1000. Quei momenti intimi, quei baci, quegli istanti di passione travolgente che solo due persone dovrebbero condividere sono stati visti, rivisti, postati, condivisi, commentati da milioni di persone, colpevoli di additare Tiziana con appellativi, giudizi e insulti indicibili, marchi sulla pelle indelebili. Nè l’acqua fresca sul viso, né cambiare paese, né cercare giustizia hanno cancellato quella lettera scarlatta. Proprio, Nathaniel Hawthorne, l’autore del famoso romanzo scriveva: “Una strana fatalità sembra costringere ogni essere umano ad aggirarsi, simile ad un fantasma, nei luoghi dove qualche grave avvenimento ha lasciato un profondo solco nella vita di lui; e codesta fatalità è tanto più inesorabile, quanto più quel solco sia di tristezza e di dolore.”
Si spengono le luci, di colpo il silenzio e la fine di una vita, come quella di Tiziana Cantone, che, se fosse andata diversamente, avrebbe regalato tanto altro: l’amore, forse la gioia di un figlio, la felicità, la serenità.
Riposa in pace Tiziana, le tue orecchie ora non sentiranno più il vociare della gente che troppo spesso ha voce sul web e che vomita addosso a gente come te le proprie insoddisfazioni, la propria rabbia, il proprio risentimento. A chi resta spero che la tua triste storia insegni qualcosa, perché non posso pensare che il tuo sacrificio sia stato vano. Educate i vostri figli al sentimento, a quello sano, all’amore, al rispetto, al pudore. E soprattutto educateli a “maneggiare con cura” tanto le persone, quanto i social network, assidui compagni ormai delle nostre vite, tanto amichevoli nel farci condividere le gioie della quotidianità, quanto diabolici strumenti nelle mani sbagliate, capaci di rovinare, distruggere e calpestare il nostro essere. E se potete vivete quei 30 anni come Oriana, con la voglia di scoprire il mondo oltre un filmino sul cellulare, oltre le mura dell’io, ma verso ciò che ci stupisce, ci lascia senza fiato perché più grande di noi, più intenso, più emozionante.
Emozioniamoci ancora come lei, gioiamo del bello della vita, dei suoi doni, e ogni tanto cediamo ad una lacrima sul viso per una giovane che ci lascia, perché qualcuno ha fatto troppo poco per lei. Abbandoniamo l’apatia di oggi e torniamo a vivere davvero. Buon viaggio Tiziana!

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