Un famoso critico gastronomico siede al tavolo di un importante ristorante stellato con il taccuino da una parte e la penna in mano in attesa di dare un giudizio a ciò che mangerà. Immaginate la sorpresa di tutti, ma soprattutto di lui, nell’emozionarsi davanti ad un piatto di semplice verdure, tanto da arrivare alla commozione. Niente di tutto ciò gli era mai accaduto prima, nulla lo aveva scosso nell’animo così prepotentemente, riuscendo a scalfire quella corazza forgiata in anni e anni di giudizi negativi, di insoddisfacenti esperienze, ognuna turbata da qualcosa che diligentemente con la sua penna tagliente e inesorabile aveva così delineato il destino di chef e ristoranti. A colpire il cuore del critico i sapori del suo passato di fanciullo ancora tenero, docile e delicato, ritrovati così inaspettatamente in un piatto di origini umili e per nulla pretenziose.

Per chi è un appassionato di cinema certamente il racconto appena fatto non sarà sembrato nulla di nuovo, ma una delle scene più riuscite negli ultimi anni dalla Disney, che nel premiato film Ratatouille raccontava con maestria la storia di un topo sì, ma soprattutto quella della cucina, delle sue regole, delle sue atmosfere.

Lasciamo per un attimo ora le atmosfere disneyane.

Ieri sera ho finalmente mangiato la pizza più chiacchierata d’Italia, quella proposta nel menù del bistrot del Ristorante Cracco.

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E’ da venerdì infatti che sul web e soprattutto sui social non si parla d’altro. La foto postata dallo scrittore Angelo Forgione ha fatto in breve tempo il giro del web, raccogliendo i commenti più vari tra i leoni da tastiera più agguerriti e non solo. Per i detrattori dello chef non ce ne è una che vada bene: dall’impasto al pomodoro, dalla mozzarella al basilico fino ad arrivare al prezzo.

Sì perché per molti 16 euro in Galleria, in uno dei luoghi simbolo della città, nel ristorante di uno chef stellato sono troppi. E non importa se da sempre fermarsi a mangiare un comune piatto di prosciutto crudo o una caprese  lì a pochi passi dal Duomo voleva dire spendere cifre non proprio popolari. Del resto Piazza San Marco, Via Condotti, la baia di Portofino o la piazzetta di Capri ci insegnano: spesso, troppo spesso, noi italiani ce ne siamo approfittati dei turisti,  e lo facciamo ancora proponendogli conti esosi per piatti non sempre all’altezza. Tuttavia Cracco propone una pizza a 16 euro sì (che ripeto non sono tanti se si pensa alla location, allo chef, al personale ….) ma realizzati con prodotti di altissima qualità.

Sul menù del bistrot tra le tante proposte che spaziano dalle ostriche al risotto con l’ossobuco c’è sì la pizza, non la pizza napoletana, ma la pizza dello chef Cracco e io che l’ho mangiata posso dirvi com’è.

Sì perché al centro del discorso c’è uno dei fiori all’occhiello della nostra tradizione culinaria italiana, ma anche l’uso sempre più comune di parlare di qualcosa che non si conosce. Chi ha criticato la pizza in questione infatti perlopiù non l’ha mangiata, non ne ha sentito i profumi, non ha nemmeno potuto vedere che il basilico c’è eccome (una delle critiche infatti è quella della sua assenza). Chapeau invece ad un grande della pizza italiana, Gino Sorbillo, che ha preso le difese dello chef pubblicando un post che ben fa capire la professionalità e la levatura di Sorbillo e che avrebbe dovuto mettere a tacere le tante voci che hanno preso parola in questi giorni. E invece nulla!

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Migliaia di post sono stati pubblicati, commentati, condivisi in poche ore su quello che ad una prima lettura veloce sembrava un affronto del cuoco stellato ad uno dei piatti simbolo dell’Italia, da poco diventato anche Patrimonio dell’Unesco. In realtà dietro c’è un’usanza tutta italiana. Quale direte voi? Quella di non essere capaci di far squadra, di essere fieri di un connazionale riconosciuto in tutto il mondo per il suo talento, di provare invidia se questo, dopo anni e anni di lavoro, impegno, sacrificio ha raggiunto con il sudore della fronte il successo meritato.

In una parola come dicono i tedeschi: lo Schadenfreude, il piacere sottile provato di fronte alle sfortune altrui e viceversa.

Ho seguito l’apertura del Ristorante Cracco, l’ho amato sin dal primo momento perché lì tra quelle pareti, si respira il sogno di un uomo, che da bambino mai avrebbe pensato di poter realizzare tanto, che da ragazzo ha sacrificato gran parte della sua vita lavorando instancabilmente per un mestiere duro, severo, che pochi conoscono davvero, e che davanti al suo Maestro di sempre ha raccontato in anteprima quello che avrebbe realizzato con orgoglio sì ma cercando un segno di stima e di approvazione, che solo gli animi umili  possono conservare nel proprio cuore.

Il giorno dell’apertura ho visto la sua emozione negli occhi, quella genuina e sincera, la stessa che ho trovato in quelli della moglie e compagna di lavoro Rosa. Dentro al suo sguardo accogliente ho visto la sorpresa di lui ancora bambino, la gioia di un traguardo raggiunto dopo anni e la voglia di farlo crescere giorno per giorno.

In quella stessa occasione ho però visto tanti colleghi prima e tante persone nei giorni a seguire poi che hanno puntato il dito contro di lui, contro quello chef a cui meno che a altri pare si possa perdonar qualcosa, che si tratti di una patatina o della tv.

Mentre il resto del mondo guardava con ammirazione il successo di un grande chef, noi italiani (non tutti per fortuna) criticavamo ogni sua scelta.

Torniamo ora a quel topino della Disney e a me ieri sera seduta in Galleria a mangiare la pizza di Cracco.

Cos’hanno in comune queste due cose? Mi sono sentita esattamente come quel critico ieri sera, sì perché al primo assaggio ho fatto un tuffo nel passato e con la mente sono tornata indietro a quando ero bambina, quando la domenica mattina sentivo il profumo di pomodoro arrivare dalla cucina, quando aprendo la pentola e vedendolo sobbollire non resistevo al fatto di intingerci un pezzo di pane, preso furtivamente dal sacchetto. Quella crosta croccante con il pomodoro caldo, il profumo del basilico e l’aria di casa, di famiglia, di cose genuine è la stessa che ho provato mangiando la pizza di Carlo Cracco ieri. Mi ha emozionata, mi ha commossa, mi ha regalato quello che la cucina, la buona cucina, dovrebbe cercare di dare ogni volta.

Ho preso dal piatto una fetta dopo l’altra e mi sono immaginata china sulla pentola a intingere sempre di più quel pezzo di pane, appagata nei sensi dal gusto prima e dalle emozioni poi.

Se uno vuole mangiare una pizza a Milano ce n’è dappertutto, se uno vuole commuoversi mangiandola beh questa è quella che fa per voi. E mentre ne addenterete una fetta ricordatevi le parole di Umberto Eco: “Internet? Ha dato diritto di parola agli imbecilli: prima parlavano solo al bar e subito venivano messi a tacere”.

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